Il commento del direttore
Remo Vangelista
Sardegna in vetta alle preferenze dei turisti, ma non sono tutte rose e fiori. Se è vero, come riportato dall’Unione Sarda, che agosto supera sull’isola i numeri dell’estate 2019 e si prevede un ottimo settembre, è altrettanto vero che qui l’industria del sommerso turistico incide per il 61% sul totale delle presenze (dati Crenos del 2020), quasi il doppio rispetto al 36% del 2019.
Sei turisti su dieci non verrebbero quindi rilevati dalle statistiche ufficiali, presenze fantasma che finiscono nelle seconde case affittate in nero e nei b&b che lavorano sottotraccia.
Nella classifica nazionale dell’accoglienza in nero l’Isola è al primo posto, seguita da Sicilia e Calabria (59% di sommerso) e Puglia (58%). Sommerso che è sinonimo anche di consumo gratis del territorio e dei servizi, con pesantissimi costi per i Comuni e i residenti.
“Infatti, a queste condizioni, i danni sono superiori ai vantaggi – commenta all’Unione Sarda Salvatore Piu, il sindaco di Muravera che da tempo conduce la sua battaglia contro quello che definisce ‘l’inquinamento turistico’.
A Villasimius ad esempio le seconde case sono 4mila, impossibile monitorarle tutte sicché molto finisce nel sommerso, compresi i tributi della tassa di soggiorno dovuti al Comune. Per questo l’amministrazione comunale ha deciso di dare in appalto il servizio di controllo a una società esterna. “Ai primi di settembre contiamo di trovare le risorse economiche necessarie - ha detto il sindaco Gianluca Dessì -. A oggi abbiamo monitorato 580 abitazioni, tanto per le nostre forze, ma le case da controllare sono appunto 4mila".
Fausto Mura, presidente di Federalberghi Sud Sardegna, interviene: “Agosto ha superato i numeri del 2019, si prevede un settembre ottimo, siamo speranzosi per ottobre e un pezzettino di novembre. Il problema, però, è che non riusciamo a sapere che fine fanno i turisti. Il mercato del nero è quasi il 65% di tutto il mercato turistico, perché è la differenza tra i passeggeri che arrivano, al netto dei sardi, e le presenze negli alberghi e nei b&b”.
E questo “ha un impatto in termini di concorrenza sleale verso le strutture in regola, ma è un danno anche per i Comuni. Se un paese passa da 3mila a 30mila abitanti deve sapere dove stanno questi ospiti, visto che vanno affrontati costi su nettezza urbana, acqua, reflui, strade e sicurezza”.