Il commento del direttore
Remo Vangelista
Come vent’anni fa. Anzi ventuno, per la precisione. Non è la prima volta che Alpitour prova a portarsi in casa Valtur, un brand che ha sempre fatto gola nel corso degli anni e che in qualche modo, nonostante le vicissitudini, è riuscito a mantenersi vivo nell’interesse dei viaggiatori.
Il precedente risale al 1997, anno importante nella storia del gruppo di via Lugaro: sotto la regia della Ifil, la finanziaria della famiglia Agnelli, Alpitour rileva Francorosso, dimostrando la volontà di creare un polo di primo livello nel settore, entrando al contempo nella top ten europea del tour operating.
L'asta
Nello stesso anno, però, arriva una notizia a sorpresa nel comparto: l’Istituto San Paolo, che l’anno precedente aveva rilevato la quota del Club Med, salendo al 77 per cento del capitale di Valtur, mette improvvisamente in vendita l’azienda.
Si apre un’asta per la quale il gruppo Alpitour viene dato per vincente quasi senza concorrenza. Un’occasione ghiotta per le ambizioni di Alpi e della famiglia Agnelli: un marchio come quello di Valtur e la sua specializzazione nella villaggistica avrebbe consentito di ampliare il raggio d’azione e rendere la leadership sul mercato ancora più forte.
La vittoria di Patti
A sorpresa, invece, le buste fecero emergere un’offerta superiore proveniente da Carmelo Patti, fornitore della Fiat con la sua Cablelettra, che si porta a casa Valtur per 300 miliardi di lire e spegne i sogni del gruppo torinese.
Ora Alpitour ci riprova. I concorrenti non mancano, secondo quanto emerso dall’incontro al ministero per scongiurare il licenziamento dei dipendenti, anche se per ora non si conoscono i nomi. Il quadro è fortemente diverso rispetto a 21 anni fa. Ma quello del marchio Valtur per Alpitour sarebbe un’importante tassello nell’importante piano di sviluppo avviato con l’operazione Eden. Tra un mese si saprà come andrà a finire.