Affitti brevi, Celani: “Sono fondamentali per le famiglie italiane”

“Gli affitti brevi danno un contributo importante al Pil e sono una componente fondamentale della ricchezza delle famiglie italiane. Le esternalità negative legate agli impatti sul territorio vanno misurate prima di imporre restrizioni che possono avere ripercussioni peggiori dei benefici attesi”. Così Marco Celani, presidente Aigab e a.d. di Italianway, nell’ambito della presentazione del report su ‘Affitti Brevi in Italia nel 2024’, in occasione della V edizione del Forum dell’Economia Immobiliare.

La presentazione, che si è tenuta alla Camera dei Deputati, ha evidenziato le dimensioni di un settore in crescita, il cui impatto sul Pil nazionale è di 66 miliardi di euro tra prenotazioni dirette (13 miliardi), indotto (52 miliardi) e ristrutturazioni, arredi e manutenzioni (1 miliardo).

Ma da dove arrivano le case messe a reddito con gli affitti brevi? Nella survey si evidenzia che solo il 2,2% dello stock immobiliare è stato spostato da un affitto a lungo temine a uno breve; inoltre, solo il 12,6% è stato acquistato con finalità di investimento. Secondo Aigab non regge, quindi, la narrazione secondo la quale lo stock immobiliare promosso online con finalità di affitti brevi sia la causa principale della difficoltà di reperire una casa da affittare tramite locazione tradizionale. Nel corso del suo intervento Marco Celani ha osservato che il 30,4% di tale stock deriva da eredità ricevute, mentre il 28,7% è di case in precedenza abitate dai legittimi proprietari che hanno optato per un affitto temporaneo e il 26,1% era sfitto da tempo.

L’analisi degli annunci online

L’analisi condotta su tre delle principali città italiane dimostra che la percentuale di case destinate agli affitti brevi è molto inferiore rispetto alla percezione comune. A Milano gli annunci online sono 15.586 annunci, di cui solo 7.522 attivi con continuità, pari allo 0,9%. A Roma sono 21.942 gli annunci online, di cui 14.449 stabilmente attivi, pari all’1%. A Firenze, infine, sono 9.239, di cui 6.206 attivi in modo continuativo, pari al 3%.

“Il paradosso - sottolinea Celani - è che spesso gli amministratori combattono contro le categorie che alimentano la ricchezza di città che altrimenti progressivamente si svuoterebbero. Città che un tempo creavano ricchezza attraverso innovazioni, commerci, produzione oggi vivono di turismo, grazie a quella bellezza che le stesse città hanno smesso di creare da centinaia di anni”.

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