Il commento del direttore
Remo Vangelista
“Siamo in crisi. Ogni giorno che non facciamo nulla ci costa denaro”. Le parole sono quelle di Philippe Petitcolin, ceo della francese Safran. La società, che produce i motori del 737 Max insieme a GE, è una delle 60 aziende coinvolte direttamente dal blocco della produzione dell’aereo, deciso da Boeing dopo i due incidenti in Indonesia ed Etiopia, causati da un malfunzionamento del sistema anti stallo Mcas.
Ottomila le aziende coinvolte
Ampliando il conteggio a tutte le aziende fornitrici, spiega Il Sole 24 Ore, il numero totale sale a 8mila. Per ora si sta cercando di contenere i danni del blocco della produzione con tagli salariali e riduzione della settimana lavorativa, ma la situazione peggiora di giorno in giorno.
Intanto nello stabilimento Boeing di Renton, vicino a Seattle, dove si assemblano gli aerei, al ritorno dalle vacanze natalizie i 12mila dipendenti della fabbrica troveranno i cancelli chiusi. Un epilogo inevitabile dopo che, a partire da aprile scorso, Boeing aveva ridotto i ritmi produttivi del velivolo, passando da 52 a 42 macchine assemblate al mese.
Un conto destinato ad aumentare
In totale finora la crisi dei 737 Max è già costata a Boeing 8 miliardi, ma il conto è destinato ad aumentare inesorabilmente; secondo gli analisti, infatti, ogni mese di stop produttivo inciderà sui conti di Boeing per ulteriori 4 miliardi.
Ancora più ampia, sebbene dai contorni ancora non ben definiti, la ricaduta sull’intera filiera, considerando che Boing è il principale esportatore manifatturiero degli Stati Uniti e che la vicenda degli aerei ha causato un calo delle esportazioni statunitensi. Con i 737 fermi la riduzione del Pil Usa nel primo trimestre 2020 potrebbe arrivare a essere addirittura di mezzo punto percentuale.