Il commento del direttore
Remo Vangelista
Il mondo del turismo fa i conti con Brexit. Che, secondo quanto afferma Etoa sta già danneggiando il settore dei viaggi. L’associazione europea delle imprese turistiche lo ha riportato direttamente al sottocomitato per il mercato interno dell’Ue del parlamento britannico.
Uno dei punti principali è il reclutamento del personale: che, per il turismo, spesso deve essere poliglotta. “E il Regno Unito non è bravo a produrne” ha affermato Tom Jenkins, ceo di Etoa. Non solo: il rischio, per il manager, è anche un altro: “Stiamo vedendo l’inizio di un mercato senza confini in Europa per i viaggi: sarà il più grande travel market del mondo e sembra che il Regno Unito ne verrà escluso”.
Il problema del personale
La questione dei lavoratori, per l’Etoa, è centrale: secondo un’indagine della stessa Etoa, che ha raccolto le risposte di oltre 100 tour operator, un terzo dei dipendenti sarebbe classificato come ‘non cittadino del Regno Unito’. Non solo: secondo l’80% delle aziende, sarebbe “impossibile” sostituire questi lavoratori con cittadini britannici.
Il problema, dunque, è legato soprattutto alle competenze linguistiche e dunque al segmento incoming. Dunque, afferma Jenkins, “dopo Brexit, abbiamo bisogno che il Governo attui una nuova strategia per l'occupazione nel turismo che consenta all'industria di assumere cittadini dell'Ue non britannici con la stessa facilità con cui può farlo ora. Questo piano, pensato per evitare un aumento della burocrazia, è già stata elaborata dall'industria. È sul tavolo. Abbiamo solo bisogno che il Governo lo adotti”.