Intelligenza artificiale
Le sfide per il turismo
e i timori degli operatori

Una tecnologia da non temere, né da demonizzare, ma da comprendere e “fare amica” per poter far crescere il settore. L’avvento dell’Intelligenza artificiale, che sì, può segnare l’inizio di una rivoluzione industriale, non deve spaventare l’industria del turismo, però è bene prepararsi, perché come spiegato in occasione del Forum Internazionale del Turismo dall’esperto e fondatore di AI Academy, Gianluca Mauro, con “una tecnologia così democratica, non c’è più una scusa per essere mediocri. C’è bisogno di qualità”.

E per arrivare alla qualità il primo passo da compiere è capire che l’AI è prima di tutto “uno strumento”. “Bisogna pensarla come un scatola degli attrezzi - suggerisce l’esperto -: dentro c’è un martello, un cacciavite. Il martello di per sé non ha un’intenzione, è inutile, ma il martello diventa utile quando lo prendo in mano e ci posso fare un sacco di cose. Lo posso sbattere su un dito, posso appenderci un quadro o, come Michelangelo, con uno scalpello ci posso realizzare cose interessanti”.

Pensandola come strumento, “il genio creativo italiano” può fare la differenza e adattare la tecnologia alle proprie esigenze. E nella Penisola, secondo il fondatore di AI Academy, non siamo poi così indietro come si possa pensare. “In Italia c’è l’impressione che stiamo indietro. Ci vuole tempo a capirla, però c’è molta sperimentazione rispetto ad altri Paesi”.

I problemi delle pmi

Certo il lavoro da fare però nel settore è ancora tanto, in primis per non lasciare nessuno indietro, a partire dalle pmi, come rimarca il presidente di Astoi, Pier Ezhaya: “Siamo concordi nell’affermare che l’Intelligenza artificiale guiderà la trasformazione digitale e nel dire che è una leva potentissima, tuttavia - sottolinea - dobbiamo riconoscere che rischia di tagliare fuori le aziende medio-piccole, questo perché le possibilità di investimento di queste aziende sono minori. Adesso ci sono cinque sei player che giocano la partita a livello europeo, ma la maggior parte dei nostri associati si trovano oggi spiazzati rispetto agli investimenti che l’Intelligenza artificiale richiede”.

Per il numero uno dell’associazione che rappresenta i t.o. serve perciò “un tavolo a quattro” per discutere non solo di risorse da investire per la transizione, ma anche per la formazione. “Da una ricerca Grand View Research nel 2030 saranno 5,2 i miliardi di dollari investiti dalle aziende del turismo nell’AI e allora abbiamo bisogno di fare un lavoro di squadra per mettere insieme le istituzioni, che devono guidare la trasformazione attraverso le leggi e i progetti; le imprese, che sono le orecchie sul territorio; le università e i centri di ricerca, perché altrimenti rischiamo di fare delle progettazioni che alla fine non trovano concretezza sul mercato. E poi sarebbe importante avere dei fondi per accompagnare le aziende ad attraversare questa trasformazione che oggi vedono come una grande incognita e con grande paura”.

Il nodo dei dati

C’è poi il tema della sicurezza dei dati, spesso nelle mani dei grandi colossi stranieri. Il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, paragona la tecnologia a “una macchina di Formula Uno, che è una macchina che va molto veloce ma poi ci vogliono i piloti in grado di guidarla. Noi siamo consapevoli che l’AI guiderà le preferenze dei turisti nei prossimi anni e sicuramente noi oggi dobbiamo evitare di comprare una bella macchina, ma poi di non essere capaci a guidarla e quindi di affidare la guida del turismo italiano, e quindi delle scelte di questi milioni di turisti, a professionisti di altri Paesi”.

La via per il presidente di Federalberghi è formare figure specializzate, per affidare a queste l’elaborazione delle informazioni raccolte dalle imprese turistiche italiane. “Le aziende stanno richiedendo risorse impegnate nel digitale e quindi il consiglio che do ai giovani è specializzatevi in quello, perché il futuro è in questo settore”.

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