Il commento del direttore
Remo Vangelista
L’acronimo è T.a.tu.r, che sta per ‘tasso di appartenenza turistica regionale’. A idearlo è Demoskopika, che ha voluto tracciare il rapporto tra i turisti che trascorrono la propria vacanze nella regione di residenza e il totale dei vacanzieri di quella regione.
In vista della fine del lockdown e con una sufficiente disponibilità economica, gli italiani – un po’ per i vincoli sanitari e un po’ per le difficoltà di trasporto – preferiranno trascorrere le proprie vacanze all’interno dei confini della Penisola, magari restando nel loro stesso territorio.
A conquistare la vetta delle regioni preferite è la Sicilia, si legge su Hotelmag, dove su un totale di 3,2 milioni di arrivi generati dai turisti in un anno ben 1,3 milioni di sono consumati in territorio siciliano. A seguire la Sardegna e la Campania, rispettivamente con il 29 e il 26,6% del tasso di appartenenza turistica. Percentuali più che significative anche per Lombardia (21,4%), Puglia (20,5%) e Veneto, mentre è intermedia la posizione del Piemonte (con un tasso del 18,2%), della Calabria (18,8%) e del Veneto (19,9%).
Un turismo autoctono che potrebbe arrivare a generare una spesa turistica complessiva di 20,6 miliardi di euro per un totale di 84,9 milioni di arrivi e 278 milioni di presenze.
Se gli italiani che hanno trascorso le vacanze all’estero optassero quest’anno per l’Italia, secondo l’analisi di Demoskopika le presenze potrebbero compensare la perdita dei turisti stranieri almeno del 30%, con punte del 67% in Puglia con 2,3 milioni di presenze, del 65,7% in Emilia-Romagna con 7,1 milioni di presenze e del 63,5% in Umbria con 326mila presenze. Alcune regioni, poi, potrebbero addirittura superare la soglia massima di compensazione, come Molise, Abruzzo, Basilicata, Piemonte e Marche.
Ma come catturare tutti questi turisti generalmente orientati verso mete estere? “Si tratta – spiega Raffaele Rio, presidente dell’istituto – di attivare un pacchetto di interventi che non si limiti esclusivamente all’adeguamento dei prodotti tradizionali, ma che valorizzi anche il turismo a chilometro zero, i luoghi minori, la montagna, i parchi, i tanti borghi presenti nei nostri territori. Una strategia che, come un sasso nello stagno, generi più cerchi concentrici, ognuno dei quali a rappresentare i differenti gruppi di turisti autoctoni da convincere e motivare per la scelta della destinazione più idonea”.