Caso overtourism,
il travel s’interroga:
il rischio è di
scoraggiare i turisti

Questa sarà ricordata come l’estate delle proteste. Sarà l’attenzione mediatica, ma il tema dell’overtourism sembra essere più sentito di altri anni dalle comunità locali maggiormente afflitte dal problema. Comunità che ora, forse complici i molteplici effetti collaterali del fenomeno - tra tutti l’emergenza abitativa per i residenti, i rincari degli immobili e dei servizi - sembra aver raggiunto un livello di esasperazione mai toccato prima. Da diverse settimane si moltiplicano, così, i casi di manifestazioni plateali contro i turisti. In Spagna, dalle Baleari a Barcellona, sono quasi all’ordine del giorno rimostranze contro i visitatori. Si è arrivati persino alle pistole ad acqua contro i turisti seduti nei caffè. In Francia, in un porto della Bretagna, è stato impedito l’attracco a una nave da crociera lasciando bloccati a bordo 700 passeggeri.

Ma queste sollevazioni popolari iniziano ora a far storcere il naso a chi vive con il turismo, quello ‘organizzato’, scandito e controllato da programmazioni e rigidi controlli. Mesi fa è stato il ceo di Tui, Sebastian Ebel, a invitare le comunità locali a non scagliarsi indistintamente contro il turismo, ma a individuare i veri responsabili del sovraffollamento, rivendicando il ruolo dei tour operator e degli attori del travel nel creare flussi di valore.

Oggi a ribadire il concetto è un altro pezzo grosso del colosso tedesco: Günter Ihlau, che alla testata tedesca Fvw ha riferito che ora le proteste rischiano di “danneggiare, se non distruggere il nostro settore” e di scoraggiare i viaggiatori, diventando per loro un motivo di stress.

Un problema sottovalutato

Vi è però, secondo gli addetti ai lavori, una generale sottovalutazione da parte delle istituzioni governative dell’impatto sulle popolazioni dei flussi incontrollati, che sta contribuendo ad alimentare i malumori delle popolazioni delle mete più battute. Misure di controllo degli ingressi e gestione sostenibile dei flussi potrebbero infatti giovare non solo alle comunità locali, alleviando la pressione sui residenti, ma aiutare anche le aziende dell’industria dei viaggi.

I primi passi per il momento sembrano limitati solo ed esclusivamente a contenere il fenomeno degli affitti brevi - e in particolare di Airbnb -, comparto responsabile però solo in parte della congestione delle destinazioni.

Possibili soluzioni

Quali le risposte, quindi? Per l’accademico tedesco Wolfgang Isenberg bisogna lavorare a un livello più profondo. Creando sì turismo di valore, ma al contempo spronando operatori e istituzioni ad aprire un dialogo costruttivo con le comunità locali. “Spiegare loro - ha dichiarato alla testata tedesca – che l’industria turistica ha contribuito alla crescita economica di molte destinazioni”. Da qui, secondo lui, bisogna porre le fondamenta per costruire di concerto con i locals strategie di sviluppo turistico sostenibili, che tengano conto della domanda dei viaggiatori da una parte, dello sviluppo del comparto dall’altro, ma anche delle esigenze dei territori.

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