Il commento del direttore
Remo Vangelista
Tramonto sull’Aria Rooftop ammirando Firenze, aperitivo in atmosfera British al Milton Bar e Bistrot, cena toscana al Ristorante Terrae, guidato dalla chef Iside de Cesare un lungo sonno su soffice letto, breakfast in un antico giardino segreto. Il ritmo del lusso scorre così a Tivoli Palazzo Gaddi, un rifugio ovattato e soft nel pieno centro dell’immortale città d’arte.
L’hotel aveva riaperto dopo una profonda ristrutturazione curata da due interior designer di fama internazionale: Patrizia Quartero e Guy Oliver, che hanno lavorato sia sugli spazi comuni che sulle 86 camere e suite. E con l’arrivo della Tivoli Hotels, lo scorso anno, è iniziata una nuova vita, un modo diverso di interpretare l’ospitalità luxury.
“Quello che i designer hanno fatto di particolare - racconta Eugenia Braschi, marketing & communication manager Tivoli Palazzo Gaddi - è stato, soprattutto, di mantenere la tradizione e il legame con la città”. Un concetto intrinseco alla catena alberghiera portoghese, che ama esaltare il carattere della struttura nel suo contesto e far percepire all’ospite dove si trova, dove sta vivendo il suo soggiorno... In questo caso Firenze, che si rispecchia nei materiali stessi e negli arredi, così come nella ristorazione e nelle antiche sale per eleganti eventi.
Ai richiami fiorentini si amalgama, in perfetta armonia, la lobby di spiccato richiamo inglese, con tanto di camino e libreria. Un tocco per nulla casuale: “Abbiamo uno stretto legame con lo scrittore John Milton - spiega Braschi - tanto che, sulla facciata del palazzo, una targa illustra che, nel 1638-1639, l’autore di ‘Paradise Lost’ fu ospite della famiglia Gaddi, traendo ispirazione dai Giardini di questa dimora per scrivere il suo capolavoro. È importante, per noi, trasmettere sempre un’atmosfera di classe: siamo nel pieno centro di Firenze, in una zona caotica, ma chi entra qui deve sentirsi come in un accogliente salotto, in totale relax e coccolato da tutti i nostri servizi”.
Un lusso che trova ulteriore conferma nei tanti elementi di arredo e decoro presenti nella lobby, che rimandano a noti marchi dell’artigianato fiorentino, segno anche di “una volontà - sottolinea Braschi - di stringere una collaborazione con la realtà artigiana della città”.