Il commento del direttore
Remo Vangelista
“È ormai una questione di sopravvivenza per molti”. L’allarme arriva dall’altra parte del pianeta, dall’Australia, e ha la voce del ceo della Qantas, Alan Joyce. Ma in realtà l’accorato appello, se così si può definire, non è altro che l’eco di mille voci del trasporto aereo mondiale.
Sono passati ormai 5 mesi dall’esplosione della pandemia a livello globale e dal conseguente blocco del flussi che alimentano il traffico aereo. Che l’emergenza sarebbe stata terribile da assorbire è parso subito chiaro a tutti, ma ora che i conti emergono con tutta la loro crudezza, la paura che in molti non riescano a farcela sale.
I conti in tasca
In Europa c’è chi, come Wizz Air e Ryanair, complici strutture rigide nel contenimento costi, è riuscito a parare il colpo meglio di altri. Altri, ed è appunto il caso, emblematico, di Qantas, hanno dovuto chinare il capo e presentarsi al bilancio annuale con un rosso da 2,7 miliardi di dollari. Vettori che vivono in particolare di traffico internazionale, pressoché fermo, o che hanno alzato bandiera come El Al, ferma da diverse settimane in attesa di una situazione più chiara.
Joyce ha spiegato che in un anno Qantas ha perso 4 miliardi di fatturato, mettendo anche in chiaro che la situazione proseguirà su questa linea, perché “il traffico internazionale non potrà iniziare e riprendersi fino alla metà del 2021”.
Autunno caldo
Un sentiment che spostato in Europa trova riscontro in quanto si sta riscontrando negli ultimi giorni: tutte le maggiori compagnie hanno già messo mano agli schedule previsti, sforbiciando frequenze e rotte. L’onda leisure si sta esaurendo, i casi in aumento scoraggiano gli spostamenti e il traffico business non riparte. “È un impatto devastante – ha poi concluso il ceo Qantas – e ci vorrà tempo. Molto tempo”.