Turismo e capitale umano
Come attrarre nuovi talenti

La valorizzazione del capitale umano è il grande tema economico del post-Covid. Il turismo, su tutti, è uno dei settori che, archiviata la stagione della pandemia, si è trovato maggiormente a dover fare i conti con l’argomento, subendo un’emorragia di personale - spesso fuggito verso altri settori considerati più remunerativi o con un miglior ‘work-life balance’ – e rivelando crescenti difficoltà nel reperimento di risorse adeguatamente qualificate per garantire un servizio di qualità. Problemi che non sono scomparsi e su cui la nuova indagine condotta da Risposte Turismo intitolata ‘The Challenges of Human Capital in the Hospitality Sector’ invita a riflettere, richiamando la filiera e le imprese a un cambio di passo e di mentalità.

Lo studio - realizzato a fine marzo 2024 su un campione di oltre 120 general manager soci dell’European Hotel Managers Association provenienti da 17 Paesi europei e rappresentativi sia di grandi catene che di realtà indipendenti - individua infatti le aree di intervento per attrarre e trattenere i talenti, al fine di supportare la crescita dell’industria dei viaggi.

Le criticità

Punto di partenza è quello di analizzare le difficoltà maggiori riscontrate in fase di recruiting. Dalle interviste emerge come reperire candidati qualificati sia attualmente la sfida più impegnativa per il 62% dei general manager. Di questi, il 75% afferma che in particolare le strutture di minori dimensioni, con meno di 50 camere, trovano difficile o molto difficile assumere personale qualificato. Percentuale che scende al 64% in riferimento alle realtà di medie dimensioni (50-200 camere) e al 54% nel caso di quelle grandi (oltre 200 camere).

Figure professionali più difficili da trovare sono quelle con compiti operativi, ma già dotate di una buona esperienza (confermato dal 74% degli intervistati), seguite da figure di middle management (62%), da risorse junior o alla prima esperienza lavorativa in ruoli operativi (49%) e da senior/top managers (44%).

I motivi della fuga

Quanto al problema della fidelizzazione e della ‘fuga’ delle risorse, questo si rivela strettamente legato a un’attenzione diversa che sta maturando nei lavoratori meo confronti dei rapporti di lavoro. Rispetto a dieci anni fa, infatti, i manager hanno riscontrato una crescente attenzione da parte dei dipendenti al compenso annuo lordo (82%), al welfare aziendale, ai benefit (71%) e alle opportunità di carriera (61%).

Particolarmente difficili da trattenere sono quelle junior o alla prima esperienza con ruoli operativi (65% dei rispondenti) per le quali il periodo medio di permanenza in struttura è di circa 2,4 anni. A seguire, i ruoli operativi con maggiore esperienza (47%, per una permanenza media pari a 5,2 anni), il middle management (26%, permanenza media 6,6 anni), e infine il senior/top management (11%, permanenza media 8,4 anni).

Possibili soluzioni

Come rimediare quindi? Francesco Di Cesare, presidente di Risposte Turismo, spiega: “Dalla nostra analisi è emerso come retribuzione, welfare e benefit siano gli elementi maggiormente in grado di convincere un dipendente a rimanere nel proprio luogo di lavoro. Sono queste le leve evidenziate per evitare un eccessivo ricambio di risorse e ruoli”.

Un passo in più è necessario secondo chi opera nel lusso. Al fine di attrarre nuovi e giovani talenti, il 42% dei general manager di hotel di alta gamma considera fondamentale creare awareness tra i giovani attraverso campagne social, il 23% sostiene sia importante avvalersi delle testimonianze di ambassador, il 19% supporta l’organizzazione di attività di orientamento nelle scuole e il 13% ritiene utile rimodulare i termini dei contratti.

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