Il commento del direttore
Remo Vangelista
Lo shutdown negli Stati Uniti viaggia velocemente verso quota un mese di durata e le conseguenze per il Paese si stanno facendo sempre più pesanti. Con ripercussioni che ora non si fanno sentire solamente sul trasporto aereo e sui parchi nazionali, ma su tutto il mercato del turismo. Comprese le agenzie di viaggi.
A fornire il primo termometro di come l’industria del travel stia subendo gli effetti dello stallo causato dal braccio di ferro tra Repubblicani e Democratici ci sono i dati di un sondaggio: il 16 per cento degli americani ha già cancellato o sta meditando di cancellare la prossima vacanza.
E se le associazioni di categoria, l’Asta per le agenzie e l’Ustoa per i tour operator, cercano di stemperare evidenziando che la situazione è destinata a risolversi e quindi il business a ripartire come prima, c’è un segmento che sta soffrendo in maniera particolare: si tratta di tutte quelle agenzie sparse per il Paese e interi network che si sono specializzati con le attività governative stipulando accordi one to one. In questi casi la situazione è praticamente drammatica, considerando che lo stop delle trasferte è pari al 90 per cento. E quindi le entrate ridotte all’osso.