Il commento del direttore
Remo Vangelista
Federalberghi Roma, in occasione dell’appuntamento annuale dell’Albergatore Day snocciola dati invidiabili: il 2023 è stato un anno record, per gli hotel della Capitale. Quasi 14 milioni di arrivi (+ 5,60% sul 2019) e 32,5 milioni di presenze (+2,65% sul 2019). Grazie agli americani che continuano ad arrivare e considerato l’Anno Santo del 2025, Roma ormai se la gioca con le grandi capitali: Parigi, Londra, Berlino, anche New York.
Di personale stagionale, stranamente, non si è parlato granché. Eppure la questione è fondamentale, visto che nel 2024 milioni di vacanzieri invaderanno non solo le città d’arte, ma anche il Mare Italia (“Nuova impennata dei viaggi in Italia” prevede Franco Gattinoni).
E infatti qualcuno comincia a muoversi:
- Egnazia Ospitalità Italiana, il nuovo gruppo di gestione alberghiera fondato da Aldo Melpignano, per Borgo Egnatia e altre quattro strutture seleziona: front office, guest relations, porter (facchino – ndr), economato, sala, sommelier, cucina, plonge (lavapiatti – ndr), pasticceria, bar, housekeeping, reservations, logistica, allestimenti, spa, bagnini e manutenzione.
- Icon Collection del Gruppo Ficcanterri, per i due resort in Toscana, ricerca: manutentori, facchini, commis di sala, commis di cucina, chef de rang, hostess, cuochi, camerieri/baristi, receptionist, guest relation, housekeeper (governanti – ndr).
Se poi su Google fate la query “lavoro stagionale hotel Italia” trovate che i profili ricercati dalle piattaforme più popolari (Indeed, Monster, Infojobs) sono gli stessi: camerieri, receptionist, governanti ecc.
Perché si cercano così tanti stagionali e – ovviamente – non si trovano? E, una volta trovati, come mantenerli?
Al tema ho già dedicato un articolo (l’equiparazione tra stagionale e carne da macello non era il massimo, lo so), ma eravamo in pieno post-Covid. Nel 2023 il turismo ha contribuito per 1/4 alla crescita del PIL nazionale sul 2022 (fonte: Intesa Sanpaolo all’Albergatore Day) quindi il settore è in piena ripresa.
Provo a elencare alcune cause:
1. lavoro stagionale è spesso lavoro di basso livello e mal pagato: camerieri e baristi, governanti e facchini sono occupazioni che richiedono bassa professionalità e spesso poca, o nulla, esperienza; chi trova un posto altrove (corrieri, edilizia, grande distribuzione) non torna a lavorare in hotel o in villaggio;
2. lavorare 12 mesi all’anno è meglio che lavorarne 8 (o 4): come i maestri di sci (che d’estate facevano i boscaioli) o i bagnini (che d’inverno s’inventavano manovali) gli stagionali hanno sempre avuto un doppio lavoro, ma contare su uno stipendio per 12 mesi è una cosa, solo per 8 o meno, un’altra, soprattutto in tempi di inflazione come quelli attuali. Chi trova un contratto per tutto l’anno, rimane lì;
3. in alta stagione non si lavora più 7 giorni su 7, 12 ore al giorno: quando ho fatto il G.O. al Club Med, nel remoto 1993, si lavorava tutti i giorni, dal mattino alla sera, e ti andava bene se recuperavi un pomeriggio libero alla settimana; oggi non è più così, ed è anche giusto; ma è ovvio che se prima - per coprire un ristorante sul mare - servivano quattro camerieri, oggi ne servono almeno sei (e i prezzi del menù aumentano, anche per quello);
4. i giovani non vivono per lavorare, molti lavorano per vivere (e avere una vita personale): la questione è nota, rimando a un mio pezzo che ha suscitato molti commenti; in breve, i giovani che scelgono il turismo devono essere accolti e trattati bene, altrimenti vanno altrove.
Concludendo, come risolvere il problema? Prendo a prestito le sagge parole di Francesco Monti, titolare di Hotel Mediterraneo, prestigioso 5* stelle di Sorrento, aperto 8 mesi l’anno: “Noi puntiamo tutto sulla fidelizzazione: l’85% del nostro personale è fedele, il restante 15% ci arriva col passa parola. Siamo a gennaio, e abbiamo già brigata e staff pronti per la stagione”.